Intervista a Yoko Ono
di Marta Casati
MOSTRA DEL CINEMA, VENEZIA. 2004.
Attori e registi, pailettes e lustrini. Una Venezia densa
di appuntamenti, di incontri, di feste. I riflettori sono puntati su quella
piccola parte della laguna veneta chiamata Lido, dove ogni anno, per due
settimane, tutto si ferma per la mostra del Cinema. Anche quest’anno.
Ma lei non è lì per questo, la sua missione sembra avere
tutt’altro respiro. Esile, racchiusa in una grazia minuta e gentile, cosparsa
da un leggera eleganza, quasi fosse un soffio che accompagna ogni suo
movimento. Quell’eleganza che non necessita di evanescenti accessori. In nero,
essenziale. Affollata, quasi inghiottita dalla massa dei giornalisti e dei
curiosi: rumoreggiano, si spingono, strattonano. Intuire quanto silenzio sia
davanti ai loro occhi, in quelli occhi nascosti da un paio di occhiali da sole
dalle lenti scure, sembra essere impresa troppo ardua.
Yoko Ono: da sempre chiacchieratissima, criticata, amata,
apprezzata, odiata, imitata. Ospite di Openasia 2004, la mostra ha unito quarantatre
artisti da ventitre Paesi per mostrare che il dialogo artistico tra Occidentale
e il Regno del Sole è più che possibile. Ma di certo alle grande platee è
abituata. Le sue mostre fanno il giro del mondo dai primi anni ’60, a quando
risalgono i primi progetti con il gruppo Fluxus. Film sperimentali, accanto alla
scultura, alla pittura, al cinema, alla fotografia,
al teatro. E alla musica ovviamente. Il marito John Lennon aveva capito da
subito che musicista fosse. Ma sempre e comunque sul pianeta “arte”. Ma a modo
suo, ovviamente. Perché, sorridendo, afferma: “Devo contare sul mio giudizio
personale, sebbene alcuni lo considerino un po’ fuori dai canoni. Ho i miei
ritmi ed i miei tempi non posso farci niente”.
Quali sono i motivi principali che l’ hanno spinta a partecipare ad Openasia 04?
Il progetto di Openasia è completo e coinvolgente. E’ un
tipo di mostra che intende coinvolgere più realtà artistiche insieme, pur
essendo etnicamente diverse. Si vuole creare un dialogo che sia unico. Sono
estremamente felice di prendervi parte perché mi sento uno strumento efficace,
che contribuisce a portare la cultura asiatica nel mondo, a farla conoscere in
Occidente.
Il suo progetto si chiama Onochord. Apparentemente è un
video ma solo nella sua forma più esterna. In realtà è un’installazione dalla
valenza concettuale molto forte. Lei stessa l’ha definita “un messaggio d’amore
universale”…
“Onochord” non è altro che l’unione del mio nome e di
chord, ossi aunione, accordo. Ho voluto promuovere quanto volessi esprimere
attraverso un “S.O.S.” un po’ speciale, che utilizzasse una sorta di alfabeto
morse, ossia quello utilizzato in mare dalle navi per comunicare. Nel mio caso
non è una vera richiesta d’aiuto, ma è un messaggio di amore. Ho voluto
comprare quattromila lampadine e diffonderle perché tutti potessero lanciare il
mio S.O.S: I LOVE YOU, dove uno [accende la lampadina una sola volta] sta per
I, due [lo ripete due volte] sta per LOVE, tre [tre volte di seguito accende la
luce] sta per YOU.
Nel suo video dimostra quanto spesso le parole non
siano assolutamente necessarie, come la verità non risieda nel rumore, troppo
spesso sovrasta il frastuono. Ispirato dal suo messaggio, il mio pensiero è che
oggi ognuno di noi sappia troppo bene sprecare il proprio tempo, occupandolo in
futilità e corrodendo il vero senso della vita. Ritiene che l’uomo, “creatura del nostro tempo”, abbia
ancora un po’ di lucidità, sapere cosa è realmente importante?
Adesso c’è solo bisogno di amore nel mondo. Siamo tutti
arrabbiati, confusi, impauriti. Nel profondo. Per questo voglio che il mio
messaggio siano diffuso a tutti, che rimbalzasse.
Addirittura ho il grande sogno di illuminare un intero
grande palazzo, con tante finestre, in modo tale che si accendesse e si
spegnesse al ritmo uno, due, tre…[intendendo uno per I, due per LOVE, tre per
YOU]. Per questo già questa sera ci troveremo tutti in Piazza San Marco ed
accenderemo le nostre luci. “Ti voglio bene” deve essere come un’onda e
diffondersi tutt’attorno.
Ma Onochord può anche essere considerato una tappa
successiva - almeno concettualmente – un viaggio iniziato molti anni fa,
insieme a suo marito John Lennon? L’Italia sarebbe come un punto di partenza per una
diffusione molto più ampia…
Sono molto contenta che parta da qui: sento l’Italia come
un posto davvero speciale, denso di emozioni. Tutti questi sentimenti sono
racchiusi qui, nella stessa Venezia.
Esaminando
le Sue opere affiora con forza quanto sia fondamentale la ricerca di una Forza
Universale, di un’Energia che vada oltre ogni tempo e ogni spazio. E’ come se
percepisse l’inevitabile bisogno di abbracciare ogni piccolo spazio della
Terra, ogni minuscola creatura. Il Suo essere vicino all’arte, essere artista,
ha da sempre avuto questa caratteristica? E’ questa una componente che si è
mantenuta nel corso del tempo o, in caso contrario, come si è evoluta?
Lei conosce bene quali siano le potenzialità
della mente, come la psiche sia in grado di crearsi un “conceptual word” - come
Lei stessa ha definito - dalla vastità immensa. Un luogo dove ogni cosa possa
essere reale, dove si possibile mescolare una mela ad una scrivania (ad
esempio) dove tutto coesista, amalgamandosi. Una realtà che non possa essere
racchiusa da nessun contenitore.
ONOCHORD
Trasmettete
il messaggio ONOCHORD:
"IO
VI AMO"
accendendo
e spegnendo ripetutamente la luce
secondo
gli intervalli e i tempi necessari
per
trasmetterlo:
dalle navi
dalle cime
delle montagne
dagli
edifici
con
edifici interi
nelle
piazze cittadine
dal cielo
e verso il
cielo.
Continuate
a trasmettere il messaggio
sino alla
fine dell’anno
e oltre.
Continuate
a trasmettere il messaggio
ovunque
sulla terra
e
all’universo.
Continuate
a trasmetterlo.
Alla
gente:
trasmettete
il messaggio con le mani
con torce
o con
accendini
Il
messaggio IO VI AMO in ONOCHORD è:
IO i
VI ii
AMO iii
Io vi amo!
yoko ono
2004
(Pubblicato su ESPOARTE di Ottobre-novembre 2004)
Nessun commento:
Posta un commento