sabato 9 febbraio 2013

LUCY+JEORGE ORTA

  
Intervista a LUCY+JEORGE ORTA
di Marta Casati




Intervista in occasione della mostra Antactica all'HANGAR BICOCCA di Mlano nel 2008.



Antarctica è un progetto che tra febbraio e aprile dello scorso anno (2007) vi ha visto partire in una spedizione nella base scientifica argentina di Marambio, nella Penisola Antartica, per installare le vostre opere e realizzare un video.
Nel vostro immaginario cosa ha significato l’incontro con una terra – almeno all’apparenza – tanto distante?
« Hacia el sur en el blanco profundo se fundieron los colores del mundo y el silencio se hizo voz y el amor se hizo agua, y el agua se hizo paz y belleza Antártida, Antártida, escuela de humildad de ciencias y ... ecoamistad. Antártida, Antártida, altar de hielo y luz, reserva de agua y paz.» Jorge scrisse questo prima del 1992. Da allora sogna di andare nel continente che ha catturato, allo stesso modo, l’immaginazione di molte persone: la vita selvaggia, i banchi di ghiaccio fluttuanti, i vulcani spenti, i viaggi passati e le spedizioni che hanno provato, scoperto e sconfitto le condizioni climatiche più ostili di sopravvivenza e resistenza e riportato nuove storie sul paesaggio. Antarctica significa speranza per un nuovo mondo basato sulla compassione, la ricerca, la collaborazione, su di una profonda comprensione dell’equilibrio del nostro ecosistema e di una terra di pace dove fraternità e umanità possano convivere.

Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate durante il viaggio?
Ci sono stati giorni infiniti, quando nessuno poteva lasciare la base scientifica per paura di perdere la vita nel vento glaciale. C’erano giorni in cui si attendeva che le condizioni climatiche cambiassero, pensando alla famiglie, agli amici, chiedendosi quando sarebbe arrivato il giorno del ritorno a casa.

Dando per scontato che ogni progetto ha sempre un proprio sviluppo, quale scegliereste come caratteristica predominante che distingue la mostra che si è appena inaugurata all’Hangar Bicocca?
La prima grande esposizione del nostro lavoro in Italia, curata da Bartolomeo Pietromarchi, unisce, per la prima volta, il lavoro che abbiamo condotto negli ultimi diciotto anni, sotto la metafora Antarctica. È una summa della nostra investigazione del viaggio artistico, con percorsi sinuosi, deviazioni errate, vicoli ciechi, incroci e biforcazioni. Ogni serie del lavoro è un percorso di ricerca separato ma interconnesso con gli altri, in cui ambiente, sopravvivenza, habitat, spostamenti, relazioni, autonomia, sono tutte componenti della natura della spedizione.

Uso come pretesto il titolo della mostra che si è aperta a febbraio in Giappone[1] per chiedervi la definizione di Alternative Home e Fantastic Live.  
Il progetto Antarctica offre un’alternativa per vivere ed esistere in un senso metaforico. Abbiamo sollevato innumerevoli domande e visualizzato molti tipi di idee alternative per vivere, attraverso i differenti lavori che abbiamo creato negli anni: Refuge Wear, OrtaWater, Hortirecycling, Life Nexus, Body Architecture,…Trovo che le nostre vite siano fantastiche (in apparenza come se generata, concepita da una sfrenata immaginazione; bizzarra ed eccezionale), ma non ci sembra mai così perchè siamo sempre assetati e bisognosi di spingere sempre più lontano i nostri limiti.

L’acqua è un elemento chiave nella vostra ricerca. Nell’interagire con i principi che la regolano, qual è la determinante che più vi interessa?  
Come ogni ricercatore, abbiamo molte vie per investigare un soggetto. Non possiamo sapere quale si rivelerà eventualmente come vera o fornire le risposte che stiamo cercando.
Siamo particolarmente interessati alla purificazione e al filtraggio dell'acqua e abbiamo scoperto che ci sono molte strade basate sull'efficacia dei costi che creano acqua potabile per le persone che ne hanno bisogno in tutto il mondo.
Con la nostra conoscenza di base e con l’aiuto di ingegneri, siamo stati capaci di purificare e distribuire come bevanda, l’acqua più sporca d’Europa: quella del Canal Grande a Venezia, come primo esperimento.

Si parla spesso di “urgenza” riferendosi alle problematiche ambientali connesse al nostro pianeta. Quale ritenete essere la più tragica non-urgenza che l’uomo continua a non vedere e, di conseguenza, non correggere?
Consumiamo e sprechiamo troppo, e non solo acqua! Per esempio, gli Stati Uniti, producono da soli, approssimativamente 220 milioni di tonnellate di spazzatura ogni anno. Ciò equivale a seppellire più di 82,000 campi da calcio sotto ad un cumulo di spazzatura compressa profondo 6 piedi.

Sono curiosa di sapere come vi figurate la terra tra cento anni…
Se il surriscaldamento globale continua con questo andamento, vivremo veramente in Antarctica. Bisogna sperare che tutti i cittadini abbiano il passaporto antartico e abbiano preso la nazionalità e firmato un nuovo trattato di pace.

Nutrite speranza e una concreta positività per il nostro futuro o la vostra visione corrisponde a scenari dalle apocalittiche conclusioni?  
Siamo ottimisti e numerosi nostri lavori sono molto giocosi, ma siamo anche cauti: se non vediamo o ignoriamo il peggio, come possiamo immaginare un futuro migliore?

La tenda rappresenta un rifugio precario ma con la duttile caratteristica di essere mobile. Sono la mobilità e il nomadismo che la contraddistinguono, le qualità più lodevoli di questa abitazione/riparo?   
La mobilità permette movimento, progressione da uno stato ad un altro. Il lavoro è anche multi-funzionale, cioè si presta ad innumerevoli scopi. La capacità di trasformazione consente una personalizzazione. Queste differenti combinazioni offrono un messaggio di speranza.

Anche a voi, come ad altri artisti che ho intervistato, non posso non chiedere tre aggettivi per descrivere l’arte contemporanea.
Sviante, intellettualmente stimolante, attraente al punto da creare assuefazione.

Chiedervi qualche anticipazione su progetti futuri, anche a lunga scadenza, è possibile?
Siamo concentrati su un progetto speciale, che è uno sviluppo di Les Moulins.
Negli ultimi dieci anni, siamo stati molto attivi nel nostro studio principale “The Diary”, situato nelle campagne ad est di Parigi e come risultato abbiamo avuto la fortuna di aver accesso e poter acquistare un’area consistente di terra ed edifici industriali abbandonati, lungo la Gran Morin Valley.
Stiamo per formare una partnership con diversi attori al confine tra arte contemporanea e design per creare un complesso culturale di 20 ettari dedicato alla produzione e promozione delle arti, con un particolare riferimento a esiti sia locali che internazionali.
In Francia questa sarà la prima iniziativa privata di questo tipo e portata.
Metteremo a punto uno studio e spazio multimediale per la produzione di un’arte sperimentale; un caffè/ristorante basato sul concetto del nostro lavoro 70x7 The Meal, collaborando con i produttori di cibo locali e gli chefs, interessati a lavorare sulla problematica della biodiversità.
Ci sarà un centro per le energie rinnovabili collocato nei pressi di un mulino ad acqua, per collaborazioni di ricerca tra arte, scienza ed ingegneria. Negli edifici industriali ci saranno spazi per le esposizioni, performance, situati in uno splendido parco vicino al fiume.
La Galleria Continua ha già aperto la sua galleria francese all’interno del complesso e altre gallerie e artisti si trasferiranno in questo sito/spazio eccezionale nei prossimi dieci-venti anni.
Abbiamo molto lavoro davanti a noi, questo è certo!



Lucy Orta è nata nel 1966 a Sutton Coldfiel, Warwicksh (UK). Vive e lavora a Parigi.
Jorge Orta è nato nel 1957 a Rosario (Argentina). Vive e lavora a Parigi.


(Pubblicata su ESPOARTE di Aprile-Maggio 2008)

[1] La mostra è stata ospitata dall’Hiroshima City Museum of Contemporary Art e ha come titolo Alternative Homes for Fantastic Lives.

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