Intervista a MOATAZ NASR
di Marta Casati
Intervisto Moataz Nasr prima della sua personale “The other side of the Mirror” alla Galleria Continua di San Gimignano nel marzo 2011.
Moataz
Nasr, artista egiziano che ha fatto della sua appartenenza geografica pretesto
per andare oltre i confini politici e religiosi, racconta del suo momento
artistico, del suo proiettarsi verso il dialogo tra culture e storie.
Cosa significa “L’altra parte dello specchio”? Cosa possiamo trovare dietro lo specchio?
Nello
specchio non vediamo altro che la realtà. Parliamo spesso di quello che stiamo
osservando dicendo “quella persona
è così e cosi…”. Ma poi, quando cominciamo ad indagare bene, c’è sempre
qualcosa di diverso da quello che ci aspettavamo. Questa opera non può
rispecchiare qualcosa di diverso da quello siamo. “The other side of the
mirror” dimostra che quando una persona è di fronte allo specchio è se stessa e
solo così è svelata la chiave della realtà.
Sei
soddisfatto del tuo progetto o generalmente, durante l’inaugurazione delle tue
mostre, pensi: “Ok, tutto è perfetto ma la prossima volta voglio fare ancora
meglio…”?
Sono
fiero di quello che ho fatto in questo momento della mia vita perché in questo
preciso momento è il meglio che ho potuto dare, di solito ne sono pienamente
soddisfatto. Se poi a distanza di tempo riguardo l’opera posso dire anche che
non mi piace, ma questo può accadere solo a posteriori: nel periodo in cui è
stata creata era perfetta.
Tu
concepisci la mostra come un viaggio filosofico e spirituale, come una canzone
corale ma per Moataz NAsr quale è la canzone corale più urgente?
L’amore
e la compassione sono per me la canzone più urgente perché se riesco ad amare
me stesso e gli altri riesco anche a crescere e a sviluppare in me le
potenzialità che possiedo. Ci può essere una crescita solo se si è immersi
nell’amore, non solo amore verso l’altro o una donna ma l’amore per la
bellezza. Quando la mattina ti alzi e sorridi a qualcuno per strada dicendo
“buongiorno”, anche questo è amore. L’amore è la passione per le piccole e
semplici cose. Non occorre a pensare a chissà cosa di grande. Questa è la cosa
di cui oggi sentiamo più la mancanza.
Ritieni
che l’arte sia uno strumento per conoscere se stessi?
Assolutamente.
Ritengo che non esista altro strumento migliore dell’arte per conoscere se
stessi. È un mezzo che ci arricchisce nell’anima.
Il
filosofo e poeta Sufi di nome Ibn Arabi è fonte d’ inspirazione per molti tuoi
lavori in questa mostra. Quale è la sua più significativa rivelazione per te? E
quale il punto di contatto tra la cultura araba e quella cattolica che lui è
riuscito a trovare?
Ibn
Arabi è cresciuto in Andalusia anche se proveniente da una famiglia araba e
questo elemento ha favorito il suo essere a contatto con il mondo cristiano,
influendo molto sulla prima parte della sua vita. Quanto più mi interessa del
suo pensiero è di come, andando indietro nei secoli dei secoli, la religione di
tutto il mondo è l’amore, anche la mia. L’amore è la parola che muove ogni
cosa, è il comune denominatore tra tutte le religioni.
Nel
comunicato stampa è possibile leggere che i tuoi arazzi sono simbolo di
compassione e bellezza. Cosa ti senti di aggiungere a riguardo? Quale’è per te
il senso di compassione e di bellezza?
La
compassione e la bellezza sono quanto mi hanno inspirato in questo momento
della mia vita. L’importante è che siano sentimenti autentici altrimenti
falsano ogni processo. Le persone lo vedono e avvertono se hai questa bellezza
dentro, se tu riesci a manifestarla in ogni cosa che fai. Io tento di fare
questo con la mia arte.
Cosa
provi in questo momento se volgi la tua mente al tuo paese*?
Il
mio cuore è con il mio Paese anche se in questo momento sono impegnato nella
mostra e nella mia arte. E’ sorprendente di come il mio popolo stia lottando
con ogni forza possibile per la democrazia. Chi è morto in questa rivoluzione è
morto anche per noi e dobbiamo esserne riconoscenti. Ieri è stato incredibile
quando ho appreso la notizia! Milioni di persone in piedi in piazza, prima
quindicimila poi dopo qualche giorno sono diventati quattro milioni. E’
semplicemente incredibile. Quando le persone decidono di volere qualcosa,
niente le può fermare.
La
domanda che ogni volta rivolgo agli artisti è la seguente: dimmi tre aggettivi
che descrivono l’arte contemporanea e perché.
Non
c’è descrizione per l’arte. Non si può definire. L’arte è quello che senti. E’
un qualcosa di molto sensibile e di molto personale. Quando hai gli strumenti,
la comprensione e un buon materiale per descrivere qualcosa e per codificarlo,
questo è quello che vale, questo è quello che si definisce arte.
Puoi
darmi qualche anticipazione riguardo i tuoi prossimi progetti?
Sto
lavorando ad altre tre mostre ma quattro mostre in un anno sono troppe per me,
massimo una o due sono l’ideale. Sicuramente lavorerò sull’Egitto, quanto mi
preoccupa di più è quanto sta accadendo lì. Chiunque stia guardando in questo
momento le vicende in Egitto è normale che sia preoccupato, ogni persona, anche
te: questa è la mia scommessa. E’ come se l’Egitto sia divenuto simbolo
universale di cambiamento. Ciò che sta accadendo lì potrebbe capitare in
qualsiasi altra parte del mondo, sono sicuro che auguro io all’Egitto è quello
che ciascun altro uomo augurerebbe al suo Paese.
Moataz
Nasr nasce nel 1961 ad Alessandria d’Egitto, vive e lavora al Cairo.
* Il suo paese è l’Egitto. Il giorno prima dell’intervista Moubarak si è dimesso dopo 40 giorni di guerra civile.
(pubblicata sul numero di aprle-maggio 2011 di ESPOARTE)
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