sabato 9 febbraio 2013

MOATAZ NASR


Intervista a MOATAZ NASR
di Marta Casati



Intervisto Moataz Nasr prima della sua personale  “The other side of the Mirror” alla Galleria Continua di San Gimignano nel marzo 2011. 
Moataz Nasr, artista egiziano che ha fatto della sua appartenenza geografica pretesto per andare oltre i confini politici e religiosi, racconta del suo momento artistico, del suo proiettarsi verso il dialogo tra culture e storie.



Cosa significa “L’altra parte dello specchio”? Cosa possiamo trovare dietro lo specchio?
Nello specchio non vediamo altro che la realtà. Parliamo spesso di quello che stiamo osservando  dicendo “quella persona è così e cosi…”. Ma poi, quando cominciamo ad indagare bene, c’è sempre qualcosa di diverso da quello che ci aspettavamo. Questa opera non può rispecchiare qualcosa di diverso da quello siamo. “The other side of the mirror” dimostra che quando una persona è di fronte allo specchio è se stessa e solo così è svelata la chiave della realtà.

Sei soddisfatto del tuo progetto o generalmente, durante l’inaugurazione delle tue mostre, pensi: “Ok, tutto è perfetto ma la prossima volta voglio fare ancora meglio…”?
Sono fiero di quello che ho fatto in questo momento della mia vita perché in questo preciso momento è il meglio che ho potuto dare, di solito ne sono pienamente soddisfatto. Se poi a distanza di tempo riguardo l’opera posso dire anche che non mi piace, ma questo può accadere solo a posteriori: nel periodo in cui è stata creata era perfetta.

Tu concepisci la mostra come un viaggio filosofico e spirituale, come una canzone corale ma per Moataz NAsr quale è la canzone corale più urgente?
L’amore e la compassione sono per me la canzone più urgente perché se riesco ad amare me stesso e gli altri riesco anche a crescere e a sviluppare in me le potenzialità che possiedo. Ci può essere una crescita solo se si è immersi nell’amore, non solo amore verso l’altro o una donna ma l’amore per la bellezza. Quando la mattina ti alzi e sorridi a qualcuno per strada dicendo “buongiorno”, anche questo è amore. L’amore è la passione per le piccole e semplici cose. Non occorre a pensare a chissà cosa di grande. Questa è la cosa di cui oggi sentiamo più la mancanza.

Ritieni che l’arte sia uno strumento per conoscere se stessi?
Assolutamente. Ritengo che non esista altro strumento migliore dell’arte per conoscere se stessi. È un mezzo che ci arricchisce nell’anima.

Il filosofo e poeta Sufi di nome Ibn Arabi è fonte d’ inspirazione per molti tuoi lavori in questa mostra. Quale è la sua più significativa rivelazione per te? E quale il punto di contatto tra la cultura araba e quella cattolica che lui è riuscito a trovare?
Ibn Arabi è cresciuto in Andalusia anche se proveniente da una famiglia araba e questo elemento ha favorito il suo essere a contatto con il mondo cristiano, influendo molto sulla prima parte della sua vita. Quanto più mi interessa del suo pensiero è di come, andando indietro nei secoli dei secoli, la religione di tutto il mondo è l’amore, anche la mia. L’amore è la parola che muove ogni cosa, è il comune denominatore tra tutte le religioni.

Nel comunicato stampa è possibile leggere che i tuoi arazzi sono simbolo di compassione e bellezza. Cosa ti senti di aggiungere a riguardo? Quale’è per te il senso di compassione e di bellezza?
La compassione e la bellezza sono quanto mi hanno inspirato in questo momento della mia vita. L’importante è che siano sentimenti autentici altrimenti falsano ogni processo. Le persone lo vedono e avvertono se hai questa bellezza dentro, se tu riesci a manifestarla in ogni cosa che fai. Io tento di fare questo con la mia arte. 

Cosa provi in questo momento se volgi la tua mente al tuo paese*?
Il mio cuore è con il mio Paese anche se in questo momento sono impegnato nella mostra e nella mia arte. E’ sorprendente di come il mio popolo stia lottando con ogni forza possibile per la democrazia. Chi è morto in questa rivoluzione è morto anche per noi e dobbiamo esserne riconoscenti. Ieri è stato incredibile quando ho appreso la notizia! Milioni di persone in piedi in piazza, prima quindicimila poi dopo qualche giorno sono diventati quattro milioni. E’ semplicemente incredibile. Quando le persone decidono di volere qualcosa, niente le può fermare.

La domanda che ogni volta rivolgo agli artisti è la seguente: dimmi tre aggettivi che descrivono l’arte contemporanea e perché.
Non c’è descrizione per l’arte. Non si può definire. L’arte è quello che senti. E’ un qualcosa di molto sensibile e di molto personale. Quando hai gli strumenti, la comprensione e un buon materiale per descrivere qualcosa e per codificarlo, questo è quello che vale, questo è quello che si definisce arte.

Puoi darmi qualche anticipazione riguardo i tuoi prossimi progetti?
Sto lavorando ad altre tre mostre ma quattro mostre in un anno sono troppe per me, massimo una o due sono l’ideale. Sicuramente lavorerò sull’Egitto, quanto mi preoccupa di più è quanto sta accadendo lì. Chiunque stia guardando in questo momento le vicende in Egitto è normale che sia preoccupato, ogni persona, anche te: questa è la mia scommessa. E’ come se l’Egitto sia divenuto simbolo universale di cambiamento. Ciò che sta accadendo lì potrebbe capitare in qualsiasi altra parte del mondo, sono sicuro che auguro io all’Egitto è quello che ciascun altro uomo augurerebbe al suo Paese.


Moataz Nasr nasce nel 1961 ad Alessandria d’Egitto, vive e lavora al Cairo.



* Il suo paese è l’Egitto. Il giorno prima dell’intervista Moubarak si è dimesso dopo 40 giorni di guerra civile.




(pubblicata sul numero di aprle-maggio 2011 di ESPOARTE)

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